mercoledì 29 dicembre 2010

(Dis)Avventure di un maratoneta stracco

Davos, 30 luglio 2010
(Dis)Avventure di un maratoneta stracco
Swiss Alpine Marathon (Davos)
di Mario Liccardi

Ieri venerdì ero a Davos con Rita.
Avevo pianificato una vacanza rilassante: un viaggetto turistico attraverso la Svizzera, la maratona con tracciato prevalentemente in discesa e due notti all'hotel Berggasthaus Gotschnagrat in Gotschnastrasse 19 a Kloster Platz, amena località a 15 km da Davos. Sabato mattina alle 6:30 avrei preso il treno per raggiungere Davos e correre la mia ennesima maratona.
Ero molto orgoglioso della prenotazione intelligente fatta attraverso l’efficientissimo sito www.booking.com: l'Hotel è ubicato in posizione strategica a 20 m dalla stazione e due notti in camera doppia compreso prima colazione costano solo 140 CHF. Insomma un buon affare.
Dopo aver ritirato il pettorale a Davos, arrivo a Kloster Platz verso le 17:00 seguendo le indicazioni di Google Map che avevo stampato e portato con me per andare sul sicuro. In via Gotschnastrasse trovo i numeri 17, 18, 20, 21, ma del 19 neppure l'ombra. Al posto del numero 19 c'è la stazione di partenza di una funivia sprangata col catenaccio.
L'Hotel Berggasthaus Gotschnagrat è sparito nel nulla!
Mi precipito all'ufficio turistico a chiedere lumi: l'indirizzo corrisponde, ma il numero 19 è situato su un cucuzzolo con vista panoramica 600 m sopra Kloster Platz e ci si può arrivare solo in funivia. L'ultima corsa è partita alle 16:30!!!
E comunque ....... anche arrivando in tempo, come avrei potuto il giorno dopo prendere il treno delle 6:30 per Davos?
Non mi scoraggio e chiedo sistemazioni alternative. L'addetta mi segnala con rammarico che, essendo in alta stagione e alla vigilia della maratona, in tutta la regione di Davos è rimasta solo una camera doppia in un paesino sperduto dal nome impronunciabile. Per la sola notte di venerdì e alla modica cifra di 450 CHF. Per sabato notte nada de nada.
Ringrazio la gentilissima addetta e me ne vado con la coda fra le gambe maledicendo Davos e www.booking.com.
Se fossi solo potrei anche spaparanzarmi in macchina. Ma, per rispetto alla promessa fatta a mia moglie di una "vacanza rilassante", non mi sembra proprio il caso.
D'accordo con Rita che tutto sommato l'ha presa bene, faccio dietro front e a mezzanotte sono a Bologna sotto le lenzuola, incapace di prender sonno ripensando alla beffa di questa giornata.
Stamattina, nonostante gli occhi gonfi, mi riconnetto a booking per inoltrare uno sdegnato reclamo. Leggendo meglio le indicazioni, scopro che l’Hotel è ubicato a 20 m dalla stazione ....... d’arrivo della funivia.
Con l'aiuto di Google Translate scopro poi che "Hotel Berggasthaus Gotschnagrat" letteralmente significa: "Hotel trattoria del Monte sul crinale di Gotschna".
Mi sto rincitrullendo?

Vade retro, ambulanza!

domenica 11 luglio 2004
2° Ecomaratona del Ventasso - Busana (Reggio Emilia)
Vade retro, ambulanza!

di Mario Liccardi

Decido di correre l’ecomaratona del Ventasso solo qualche giorno fa, causa una figlia costretta provvisoriamente a letto dopo un brutto incidente in motorino; si concede una pausa anche mia moglie, in verità alquanto restia ad abbandonare la figlia. Rita non ti preoccupare, Claudia se la cava anche senza la mamma, ci sono gli amici, don’t worry; si sa come sono le mamme, è come se avessero sempre i figli in grembo a fluttuare nel liquido amniotico.
Così sabato pomeriggio, dopo le ultime raccomandazioni alla figlia allettata, l’ennesimo controllo che sia tutto OK, gas chiuso, gatti a nanna sul divano anziché dentro gli armadi o nella lavastoviglie e batterie dei telefonini cariche, ci decidiamo ad uscire da quella benedetta porta di casa con destinazione Busana.
Arriviamo dopo circa due ore, un salto all’albergo e via verso Cervarezza, graziosa località termale, per il “pasta party” serale; il menù comprende pasta al pomodoro, Lambrusco a volontà, salumi, formaggio e ottima crostata alla marmellata.
Ci sono gli amici podisti organizzatori Rosy Manari e il sempre sorridente Vincenzo “Felice” Castellano, che con Paolo Rubbi, Franco Carati e consorti, provvisti di canotta rossa, si danno un gran daffare per la riuscita della festa; c’è il tavolo Saharawi con baby Camilla, mitica figlia di Leo e Sandra, che appena mi vede lancia uno strillo, forse per il mio aspetto un po’ trasandato e barba incolta.
Fa freddo, il bollettino meteo preannuncia per domani tempo nuvoloso e probabili temporali nel pomeriggio, saluti a tutti, ci ritiriamo a nanna in albergo.
Domenica mattina sveglia alle 6, il tempo è bello ma nuvole minacciose fanno capolino dalla cima dei monti, l’esperto oste del luogo che la sa lunga ci tranquillizza e predice che il temibile Ventasso non giocherà brutti scherzi, il tempo resterà bello.
Arriviamo in piazza a Busana verso le 7 e mezza; ci sono praticamente già tutti, tranne alcuni podisti persi nell’inferno dell’autostrada che aspetteremo diligentemente ritardando la partenza di circa 20 minuti. Ci sono “marziani” come SuperMario Ardemagni, fresco di record nell’ultima 100 km del Passatore e SuperMonica Casiraghi che ormai, quando corre, toglie la suspense sul nome della possibile vincitrice; non mancano Giuseppe Togni e William Govi, capiclassifica per maratone ultimate, e ci sono tanti altri che partecipano per il gusto “ecologico” di passare una giornata nella natura e misurarsi con le difficoltà di una corsa comunque molto dura.
Memore del rimpianto di non avere ricordi fotografici della splendida ecomaratona abruzzese dei Marsi dello scorso anno, corro con in mano la fotocamera digitale, anche se ho qualche perplessità per via di possibili cadute.
Una prima sgambata turistico-promozionale per Busana, poi un assaggio di quello che verrà, un circuito di circa 8 km di media difficoltà che ci porta da Busana (m 850 s.l.m.), verso Cervarezza, Camping Le Fonti e ritorno a Busana, con gran premio della montagna a m 1100 s.l.m.
La giornata è bella e fresca, la temperatura ideale, il percorso è in buona parte fra boschi, ruscelli e “sentieri del lupo”, come recita il depliant della corsa; le gambe girano bene, mi diletto a fotografare paesaggi e podisti, incantato dalla bellezza e suggestione dell’alto Appennino reggiano.
Poco dopo Busana ecco Nismozza, piccolo borgo montanaro con tipiche case in pietra; qui l’ecomaratona inizia per davvero, i valori si livellano e si procede rigorosamente di passo. Mi ritrovo in un gruppetto di podisti fra i quali spicca Jolanda, giovane e simpatica ragazza del ’55, madre e nonna felice, che arriverà in 6h 35’ terza di categoria. Con nonnetta Jolanda scaliamo insieme l’Everest, pardon il Ventasso, fino al rifugio Santa Maria (m 1550 s.l.m.).
Il cielo è azzurro intenso e la vetta è lì a portata di mano, vedo un gruppetto in fila indiana che marcia verso la cima del Ventasso, penso di raggiungerli in pochi minuti, ma la delusione è profonda quando mi accorgo che il sentiero si biforca, i marciatori che si intravedono sono gitanti domenicali, il percorso podistico devia invece a destra, a picco verso il lago Calamone.
Lì per lì accarezzo l’idea di fare una breve deviazione in vetta, poi in uno sprazzo di lucidità mi rendo conto che non sono ancora a metà corsa, pazienza, conquisterò la vetta un’altra volta durante uno dei prossimi week-end.
Dopo qualche chilometro di discesa il paesaggio improvvisamente si apre e compare il lago Calamone, immerso nel Parco del Gigante; al rifornimento ci sono i primi podisti ritirati che aspettano i mezzi di soccorso. Il paesaggio è da favola, percorro il periplo camminando piano e scattando molte foto, per assaporare meglio i riflessi dell’acqua e la suggestione di quel meraviglioso e incontaminato ambiente lacustre d’alta quota.
Estasiato e come in trance, sento strillare da dietro; mi giro verso chi sta interrompendo l’incanto del luogo e vedo in lontananza un tale in canotta rossa che si sbraccia facendomi capire che ho preso una direzione sbagliata. Ringrazio, anche se sono un po’ seccato di dover abbandonare il lago e ricominciare a salire, ma tant’è, la ricreazione è finita.
Si sale per poco, inizia la discesa infinita che porta al rifugio Pratizzano, discesa da percorrere rigorosamente con i freni tirati, formata da sentieri del lupo, pietraie e mulattiere con pendenze anche del 45%, veri e propri percorsi di guerra spaccagambe, irti di mille trabocchetti che mettono a dura prova piedi, caviglie e ginocchia dei poveri podisti non avvezzi alle tecniche estreme del trail running.
Ricordo la concentrazione per non inciampare nelle radici che spuntano improvvisamente come funghi e per scansare i sassi tutti rigorosamente appuntiti; ma vicino ai sassi c’e il trucco, il terreno sconnesso è pieno di insidiosi “buchi neri” ricoperti dall’erba; proprio in uno di questi buchi neri sprofondo inesorabilmente e mi ritrovo a gambe all’aria, con faccia e mano sinistra nella polvere ma con mano destra alzata, tre dita che serrano nel palmo la fotocamera e indice e medio tesi a V in segno di vittoria. La fotocamera è salva ma fronte e mano sono gonfie e sanguinanti; fortunatamente Camilla, mitica figlia di Leo e Sandra, non è nei paraggi, altrimenti sai che strilli.
Non mi vede Camilla, ma mi vedono due ragazzi in canotta rossa dell’organizzazione che, senza chiedere permesso e con una certa invadenza si precipitano a soccorrermi, mi curano amorevolmente disinfettandomi le ferite e lanciano un S.O.S. telefonico a due ambulanze che stazionano nei pressi, alla faccia della privacy.
Mi libero dalla stretta delle canotte rosse e ricomincio a scendere ancora più cauto e guardingo di prima. Dietro una curva incontro la prima autoambulanza che mi aspetta al varco, due brutti ceffi si avvicinano minacciosi invitandomi al ritiro, no grazie, sarà per un’altra volta.
In vista del rifugio Pratizzano il sentiero si allarga, ecco la seconda autoambulanza, meno male che il tam-tam telefonico ha aggiornato il mio stato di salute! Questa volta i brutti ceffi si limitano a scrutarmi in volto senza rompermi più di tanto, e allora via verso Monte Miscoso con un'altra dose di discese mica male; finalmente arriva una torta formata da brevi tratti in falsopiano e salite leggere, condita con qualche ciliegina di asfalto benedetto.
Nel finale ritrovo un po’ di verve; i tanto temuti scalini del parco di Santa Lucia a 5 km dall’arrivo non mi turbano più di tanto. Fraternizzo con altri podisti corricchiando sia in salita che in discesa, raggiungo uno stracco William Govi e scatto una foto ad una bella vigilessa che dirige il traffico all’incrocio prima dell’arrivo. Chiudo in 6h 44’.
Che dire ragazzi, la maratona è stata dura, anzi durissima, ma va bene così, la ricompensa è stata una giornata indimenticabile; merito di tutte le canotte rosse dell’organizzazione disseminate lungo il percorso che, con entusiasmo e sacrificio, hanno permesso lo svolgimento di questa bellissima ecomaratona.

Correre nel paradiso terrestre della Montagnola

Bologna, 23 febbraio 2010
Correre nel paradiso terrestre della Montagnola
di Mario Liccardi

Pensione, ahimè

Il lato positivo (o negativo, per alcuni) del lavoro fuori casa è quello di vivere in maniera metodica secondo abitudini e gesti ripetitivi comandati dall’orologio. Per me questo era salutare. Svegliarmi sempre alla stessa ora del giorno per andare a lavorare e seguire giocoforza alcune regole di vita, dava al mio corpo e all’umore una sferzata di energia.
Con la pensione è tutto cambiato. La sera non casco più dal sonno e al mattino mi alzo sempre ad orari diversi. L’intervallo fra colazione e pranzo si è paurosamente accorciato. Esco tardi, un caffè al bar per leggere il giornale e arriva già l’ora di tornare a casa. La mattina non ha più l’oro in bocca.
È cambiato anche il luogo della seduta di allenamento infrasettimanale. Prima era il centro sportivo Arcoveggio, mercoledì alle 12:30 quando uscivo dall’ufficio. Ora, stando a casa, l’Arcoveggio mi sembra lontano mille miglia.
Succede quindi che il venerdì, dopo i primi giorni della settimana passati pigramente, smaltito l’indolenzimento muscolare e l’acido lattico conseguenza dell’ultima maratona domenicale, mi è molto più comodo, quando mi gira nel verso giusto, a qualsiasi ora e senza alcuna programmazione, fiondarmi fuori di casa, risalire via del Porto, attraversare di corsa via Marconi lontano dalle strisce con il rischio di essere investito da moto e motorini che la fanno da padroni, percorrere i portici di Via dei Mille, oltrepassare d’un balzo Via dell’Indipendenza fino in Piazza VIII Agosto, farmi largo fra la folla della Piazzola e finalmente girare a sinistra su per la rampa della Montagnola.

Breve descrizione storico-turistica della Montagnola

Piazza VIII Agosto, intitolata alla battaglia vinta dai bolognesi contro gli austriaci nel 1848, ospita ogni venerdì e sabato il Mercato della Piazzola, caratteristico appuntamento bolognese, piuttosto noto non solo in città ma anche fuori regione. Nell’occasione la piazza si colora di bancarelle cariche di vestiti, scarpe, articoli per la casa e accessori vari, mentre dall’altra parte della strada, lungo le rampe che portano alla Montagnola, si trova la zona riservata ai venditori di abiti usati, antiquari e mercanti di curiosità.
Le antiche cronache riferiscono che la Montagnola, circa quindici metri di altitudine, non è una collinetta naturale, ma è nata dall’accumularsi delle macerie della Rocca di Galliera, “cinque volte levata contro la libertà bolognese, cinque volte dal popolo atterrata” (Carducci), innalzata dal potere pontificio cinque volte fra il 1300 e il 1500 per controllare la città da una zona sopraelevata, e sempre rasa al suolo dagli indomiti cittadini bolognesi.
Già nel 1600 la piccola altura fu destinata al pubblico passeggio per le carrozze, divenendo così il primo giardino pubblico della città. Nel 1805 Napoleone creò, nei sei ettari del parco, una promenade alla francese: il luogo diventò così “un sito delizioso ed alquanto elevato” (Ugo Foscolo lo fa descrivere così da Jacopo Ortis). A fine 1800 inoltre, sul lato di via dell’Indipendenza, fu realizzata la maestosa scalinata che i bolognesi chiamano “il Pincio”, decorata da rilievi e gruppi scultorei ispirati a episodi della storia di Bologna.

Il mio paradiso terrestre della Montagnola

La Montagnola è oggi una vasta area verde attraversata da una pista circolare asfaltata di circa 600 m circondata da fontanelle e sculture, panchine, campi di calcetto e pallavolo. Al suo interno vi è anche un parco giochi per bambini. Ad entrambi i lati della pista, la vegetazione è arricchita da maestosi platani, filari di lecci, viali di tigli e fresche conifere. Pur ubicata nel cuore di Bologna accanto alla stazione delle autocorriere e i viali di circonvallazione, in una zona centrale trafficata, la Montagnola è un luogo silenzioso. Non è molto frequentata, perché da oltre 100 anni il primato di parco pubblico cittadino è passato ai Giardini Margherita situati dall’altra parte della città, ai piedi della collina.
Nonostante la presenza di qualche gazzella della polizia con funzioni antidegrado per scoraggiare lo spaccio di droga, chiudendo gli occhi, mi dimentico di essere immerso nello smog bolognese. Con un po’ di fantasia, correndo un giro dopo l’altro, mi sembra di essere nel paradiso terrestre. Chi si accontenta gode.

Le promesse del Sig. Tutt’apposto

Domenica 2 settembre 2007
Maratona Città di Sant’Agata di Puglia
Le promesse del Sig. Tutt’apposto

di Mario Liccardi

L’antefatto

Chiedo venia per non conoscere Sant’Agata di Puglia ma dallo scarno depliant del valente organizzatore Massimo Faleo si capisce poco o nulla. Buio pesto anche nel sito riportato sul volantino, www.globerunnersfoggia.supereva.it: quando ti colleghi, trovi friend$, filmini pruriginosi e quant’altro, ma niente che ricordi, se pur da lontano, la maratona. A fine agosto telefono quindi a Massimo per chiedere lumi. Anche se la prima risposta già la conosco “tutt’apposto, Mario, tutt’apposto”, insisto: “Massimo, com’è l’altimetria? Qual è il dislivello positivo totale? 100, 200 oppure 1.000 m?” “Tutt’apposto, Mario, salitelle leggere, un centinaio di metri, poca roba, tutt’apposto”. “Ma se prenoto l’Eurostar Foggia-Bologna delle 16:12, riesco ad arrivare a Foggia in tempo?”. Mister Tutt’apposto promette, assicura, tranquillizza. Dice che la maratona si correrà su un percorso da ripetere 2 o 3 volte, e che forse opterà per un tracciato alternativo appena ondulato, praticamente piatto. Giura che una navetta dell’organizzazione partirà alle 15:00 da Sant’Agata e porterà a Foggia tutti coloro che ne faranno richiesta.
Siccome conosco i miei polli (nel caso di specie il pollo Massimo) e di Massimo mi fido il giusto (quindi poco), per non correre con il patema d’animo del treno che parte, programmo la trasferta in auto con Roberto Trinelli e Marina Mocellin. All’ultimo momento Roberto rinuncia e la trasferta in auto svanisce: in due il costo del treno è competitivo e, ciò che più conta, il viaggio è più sicuro. Confidando nel percorso “ondulato, praticamente piatto” promesso dal Sig. Tutt’apposto, prenoto il viaggio di ritorno con l’Eurostar delle 16:12 e che Dio me la mandi buona.

Sul cucuzzolo della montagna

Arriviamo a Sant’Agata sabato alle 21:30, dopo un viaggio allucinante di 10 ore e passa, fatto di treni in ritardo fino a Foggia, bus persi per un soffio in direzione Candela e appuntamenti mancati con le auto dell’organizzazione. Nell’ultimo tratto in macchina di circa 20 km scopriamo, sulla nostra pelle, che Sant’Agata di Puglia è un borgo abbarbicato a 800 m s.l.m. sul cucuzzolo di una montagna. Qualche giorno dopo, a casa, una breve ricerca su Google mi svelerà che, proprio durante un soggiorno in questi luoghi, Edoardo Vianello ha trovato l’ispirazione per comporre la celebre canzone “Il cucuzzolo”: “Dal cucuzzolo della montagna, sotto a un cielo tinto col blu, con in testa un passamontagna, scenderemo sempre più giù giù”… ecc…ecc.
La maratona consiste in due giri turistici iniziali di circa 1,5 km/cad per il borgo di Sant’Agata (con uno strappo finale mozzafiato in prossimità del traguardo), e di altri tre giri, turistici anch’essi ma di più largo respiro, su e giù per i Monti Dauni, formati da una prima metà in discesa (6,5 km dal cucuzzolo della montagna fino alla statale di pianura) e ritorno, e te pareva, in salita. I pochi abitanti del luogo che Massimo non è riuscito a corrompere assicurano che il dislivello positivo totale è 1.500 m. Inchiodato dall’evidenza e senza più possibilità di barare, Massimo Tutt’apposto confessa che il titolo più corretto sarebbe stato “Ecomaratona Città di Sant’Agata di Puglia”, e così dicendo incappa in un altro strafalcione. Caro Massimo, una maratona, per potersi definire “eco”, deve svilupparsi su sentieri sterrati e attraversare boschi e prati in fiore. Messo alle strette, quasi piangendo, confessa di aver taciuto le difficoltà del percorso per paura di non raccogliere sufficienti adesioni, paventando diserzioni di massa specialmente fra i Supermaratoneti.

Pronti, partenza anticipata e via

Domenica mattina la decisione. Per non correre con l’ansia di perdere il treno, concordo con Massimo Tutt’apposto di partire alle 8:30 insieme a Marina. Con noi ci sarà anche l’incommensurabile Beppe Togni. Tutt’apposto, almeno così sembra. E’ una bella giornata ma fortunatamente non c’è il caldo opprimente dei giorni scorsi quando a Foggia si sono sfiorati i 45°C. Alle 9:15, mentre corriamo in discesa, sentiamo lo sparo: per colpa di alcuni ritardatari o forse a causa di qualche ingranaggio inceppato, lassù in zona partenza le cose non sono filate lisce. La maratona degli altri parte con un quarto d’ora di ritardo e i nostri minuti di anticipo diventano 45. Me la prendo comoda e mi godo la bellezza dei luoghi. Scatto molte foto ai panorami ed agli amici maratoneti che incrocio più volte lungo il percorso. Un particolare encomio alla brava e sempre sorridente gazzella Marialuisa Costetti, dominatrice della competizione. Un saluto all’amico Pasquale Giuliani che, nonostante problemi alla caviglia, a suo dire praticamente spezzata (!) e i 45 minuti di svantaggio, mi raggiunge nella salita del terzo ed ultimo giro in vista del traguardo. Un incitamento al bravo Roberto Annoscia, onesto maratoneta ed appassionato redattore di commenti sulle proprie corse e non solo; prodigo, in un articolo, di lodi sperticate verso il sottoscritto, tipo: “ottimo Mario dalle grandi capacità”. Lodi che, ove non suonino come una sonora presa per i fondelli, sono prive di qualsiasi fondamento (giuridico).
Finisco alle 14:18 in 5h33’, risultato non malvagio, ben lontano dalle 6h30’ del tempo massimo consentito. Il cronometro ufficiale segna 4h48’ ed il giudice Fidal, bontà sua, non si accorge di nulla. Quando gli faccio presente che alle 4h48’ occorre aggiungere 45 minuti, cade dalle nuvole. Massimo Tutt’apposto, lì nei pressi, cerca di attirare la mia attenzione raschiandosi la gola e facendomi l’occhiolino. Ma come? Il giudice non era stato avvertito? Dopo una lunga spiegazione l’uomo Fidal sembra acconsentire a modificare il risultato e si appunta il mio tempo effettivo.
Vado in albergo a rinfrescarmi ed alle 14:45 sono in piazza insieme ad altri maratoneti in attesa del pullman. Il bus ritarda ma Massimo Tutt’apposto dice che è tutt’apposto, non ci dobbiamo preoccupare. Finalmente alle 15:30, con 30 minuti di ritardo, arriva un pulmino guidato da un autista del luogo emulo di Michael Schumacher che a 140 km/h, percorrendo strade strette e fortunatamente poco trafficate, ci porta rapidamente a destinazione, tutti interi ma con i capelli in testa ritti dalla paura.

Conclusioni finali

Nonostante il bonario sfottò all’amico Massimo Faleo che certo non se la prenderà, il giudizio sulla maratona è largamente positivo. Prezzi molto contenuti: 40 € fra pettorale, albergo, navetta e il ricco pasta party del sabato sera sono obiettivamente pochi. Ristori frequenti (tre ogni 6 km), ricchi di cibi solidi, frutta, liquidi e cocacola. Suggestive le tanto vituperate pale eoliche sui crinali dei colli vicini. Magica la veduta del borgo di Sant’Agata con case, chiese e palazzi incastonati gli uni sugli altri. Fra salite e discese, il percorso non è mai noioso. Con qualche piccolo cambiamento, inserendo nel depliant il tracciato planimetrico e l’altimetria, studiando meglio gli orari (partire alle 9:00 all’inizio di settembre potrebbe essere azzardato visto il gran caldo dei giorni scorsi) e adottando anche in terra di Puglia la puntualità svizzera, la “Maratona dei Monti Dauni” (o “Maratona sulla Loggia delle Puglie”, come sembra sarà intitolata la prossima edizione) potrebbe diventare la classica di inizio stagione.

Malumori fra Supermaratoneti

Una settimana dopo, a Luco dei Marsi (AQ), ove si è svolta la “6 ore nella Città di Angizia” (vinta ancora da Maria Luisa Costetti e durante la quale “l’ottimo Mario dalle grandi capacità”, forse ancora provato dagli strapazzi dei Monti Dauni, si è poco onorevolmente ritirato), un uccellino mi segnala che la nostra partenza anticipata è stata molto chiacchierata nell’universo dei SuperMaratoneti&C ed ha dato adito a critiche e discussioni. Pare che la scorrettezza dei tre soci abbia disonorato il Club SuperMarathon Italia e che il fattaccio sia stato riferito, in quali termini non si sa, anche al SuperPresidente Sergio Tampieri. Il quale, incolpevole, presente a Luco dei Marsi, mi ammonisce: “Per questa volta passi, ma non farlo mai più” … Che ce volete fa’? Così è la vita.

[Nota di fine settembre]: a fine settembre la classifica ufficiale della maratona non è ancora disponibile. Massimo, interpellato più volte per telefono, mi ha sempre risposto che, manco a dirlo, “è tutt’apposto”.
[Nota di fine ottobre]: la classifica è stata finalmente pubblicata; accanto al nome di Mario Liccardi risplende il RealTime di cinque ore trentatre minuti. Tutto è bene quel che…..

Speranza europea

Sabato 3 Luglio 2010
Speranza europea
di Mario Liccardi

"100 Marathon Club Italia": per ora non ci chiamiamo ancora così.
Il nostro nome attuale è "Club Super Marathon Italia". In omaggio a Sergio Tampieri da Forlì, mega Presidente che dal 19 giugno, per ragioni di età, ha passato la mano. Ma i tempi cambiano in fretta e anche noi dovremmo aggiornarci. In Germania esiste già da tempo "100 Marathon Club Deutschland", e in Gran Bretagna "100 Marathon Club United Kingdom". Europa docet.

Super? Ci chiamiamo Super perchè nel 1985, anno ufficioso di fondazione del Club, a Tampieri è girata così. I tempi erano eroici. Alcuni soci che avevano già 100 maratone sul groppone (Sergio Tampieri, William Govi, Giuseppe Togni e pochi altri) crearono un Club con una stretta di mano, senza regole scritte e cariche sociali. Sergio Tampieri, persona degnissima, fu eletto a furor di popolo Presidente.
La quota sociale? Chi voleva pagava, e chi andava a sbafo la faceva sempre franca. Sergio Tampieri e il suo "segretario" Lorenzo Gemma evitavano di mettere in croce i furbetti del quartierino.
La classifica annuale? La stilava il Presidente secondo la regola (verbale) di inserire solo maratone o ultra certificate. Alcuni furbetti si sono visti decurtare molte delle gare denunciate. Tampieri, inflessibile, controllava e eliminava sempre quelle sospette: ad esempio, non accettava le maratone ed ultra del circuito FIASP, caratterizzate da distanze chilometriche approssimative, partenze generalmente libere, controlli e classifiche inesistenti.
I tempi erano "eroici" ma anche un po' sospetti: non disponendo dell'ausilio di Internet e della rete, il Presidente faceva quello che poteva. Come è stato possibile controllare la veridicità di maratone corse anche 30 anni prima? Oltre a non pagare un gherlo, alcuni supermaratoneti pigri non inviavano neppure l'elenco delle gare ultimate nell'anno. E Tampieri tenace come si regolava? Aggiornava le classifiche degli scansafatiche inserendo le gare che apparivano nell'edizione speciale di Correre (certamente in numero inferiore a quelle effettivamente ultimate).
Ecco perchè sulla veridicità delle classifiche attuali non scommetterei una lira. In calce a quella pubblicata occorrerebbe specificare: "classifica del Club Super Marathon Italia a meno di errori e omissioni".

Super? Chi è Super fra noi? A mio avviso sono quattro:
  • È Super Sergio Tampieri, che fino a due anni fa correva ancora la maratona in meno di 5 ore;
  • Lo è il mitico Giuseppe Togni, con 760 gare ultimate alla veneranda età di 83 anni suonati;
  • Marialuisa Costetti, ultrarunnerin già vincitrice della 100 km del Passatore;
  • E, last by not least, Angela Gargano, Guinness dei primati con 100 maratone e ultra nel 2002 e 562 km coperti in pista alla 6 gg di Antibes nel giugno di quest'anno.
Super? Ce ne sono altri? Alcuni ottimi atleti, ultramaratoneti IUTA iscritti anche al nostro Club per amicizia, come Monica Barchetti e Enrico Vedilei. E gli altri? Onesti macinatori di chilometri, che invece di andarsene al mare, fare una scampagnata con gli amici, dedicarsi alla famiglia, leggere un buon libro, o anche, perchè no, rilassarsi in piaceri di altra natura, preferiscono santificare le feste sudando e sbuffando per 42 km e passa. Magari scattando anche fotografie come il sottoscritto. Questione di gusti dunque. Tutto questo significa essere Super? Non mi risulta. Non mi sento Super per niente.

Sono più credibili i nostri colleghi d'oltralpe. Hanno come soci autentici fenomeni: almeno cinque fra cui una donna arrivata a oltre 1.000 e l'ultrasettantenne Horst Preisler che di maratone e ultra ne ha ultimate almeno 1.700; in molti ogni anno ne corrono più di 100. Non gli passa per l'anticamera del cervello di farsi chiamare Super. Solo onesti faticatori della domenica come noi tutti.

"100 Marathon Club Italia": cambiamo la nostra ragione sociale dunque. Non prendiamoci più in giro.

Mario Liccardi